Il flamenco oggi: Da “La leyenda del tiempo” a “El Mal Querer”
28 marzo, 2024
Il 2 novembre 2018, l’artista catalana Rosalía pubblicò il suo secondo album,“El Mal Querer”, che diventò automaticamente il disco più ascoltato in un solo giorno in Spagna su Spotify. Tutta la Spagna ascoltò in loop il suo singolo principale, “Malamente”, e non c’era nessuno che non canticchiasse di tanto in tanto il tratrá del suo ritornello. Lo stesso anno, la prestigiosa rivista Billboard lo considerò il miglior disco latino dell’anno, e poco dopo gli conferì la posizione 25 nella sua lista dei 100 migliori album del decennio. “El Mal querer” ha poi vinto un Grammy Internazionale e sei Grammy Latinos.
Come lei stessa dice: “Non ho costruito la mia carriera basandomi sul successo, ho successo perché ho gettato le basi per averlo”. Rosalía ha dunque indicato la via di un suono fresco nell’ambito spagnolo, un suono fatto di beatelettronici, ad libs (equivalenti ai ritmi dei ‘jaleos’ nel flamenco) abbinati ad arrangiamenti di produzioni provenienti dal trap e dalla musica di tradizione urbana. Ma ciò che colpì più di ogni altra cosa fu la sua abilità nell’adattare la tradizione del compás e della melodia del flamenco: in “Di mi nombre”, ad esempio, canta lo “yali” un tango tradizionalmente cantato nei matrimoni gitani; “Reniego” come si intitola la quinta canzone, è un testo tipico di ‘seguiriyas’ che già cantava Tomás Pavón a metà del XX secolo; la frase “Amargas penas te vendo / caramelos también tengo”, in “De aquí no sales”, è un riferimento alle canzoni cantate con una caramella in bocca rese popolari dal gaditano Macandé nel secolo scorso.
Camarón, Paco, Lole, Manuel ed Enrique
Ma non si può parlare del salto che ha fatto Rosalía attraverso il flamenco senza parlare della rivoluzione dello stesso stile avvenuta nella seconda metà del XX secolo. Prima di lei, infatti, ci sono stati Camarón e Paco de Lucía. I primi nove dischi dei due storici compositori andalusi, tra il 1969 e il 1977, stavano già tracciando un nuovo modo di suonare e cantare il flamenco, con una tendenza volta a professionalizzare lo stesso genere musicale.Il tutto portandolo negli studi veri e propri e allontanandolo dai circoli privati di case, cortili e cerimonie. Ma la vera scossa arrivò nel 1979, quando uscì l’album di Camarón “La leyenda del tiempo”, prodotto con il chitarrista Tomatito, ancora oggi considerato da molti come il miglior album di avanguardia flamenca: in questo lavoro Camarón introdusse infatti strumenti mai usati fino a quel momento come la batteria, la chitarra elettrica, il sitar, il basso o le tastiere, qualcosa di impensabile all’epoca per l’ortodossia flamenca.
Si racconta che a Camarón venne voglia di innovare quando ascoltò quattro anni prima l’album “Nuevo día” di Lole e Manuel la coppia di musicisti dello storico quartiere sivigliano di Triana che espose tutta la sua produzione flamenca in case e cortili, e portò il flamenco di moda tra i giovani. Era l’epoca della rivoluzione culturale e sociale in Spagna dopo la morte del dittatore Franco nel 1975, e il flamenco non poteva rimanere indietro.
I vinili e i CD di rock straniero iniziavano ad arrivare nelle case spagnole, e a Granada un giovane Enrique Morente si stava anche lui unendo all’onda del rinnovamento. Dopo aver cantato e registrato i canti più tradizionali, iniziò ad andare oltre i limiti del ‘jondo’, il tipico canto flamenco. Morente fu un pioniere nell’uso di effetti vocali, accompagnandosi con cori come le Voci Bulgare, nell’adattare la poesia al flamenco, nell’unirlo alla musica classica o nel collaborare con gruppi così lontani dallo stesso come i Sonic Youth. Ma la sorpresa definitiva da parte sua avvenne nel 1996 con l’album “Omega”, prodotto con il gruppo di rock Lagartija Nick. Un disco cult che mostrò come creare una perfetta armonia tra flamenco e rock, creando un suono che ha ispirato molti gruppi attivi oggi come Los Planetas, Grupo de Expertos Solynieve o Derby Motoreta’s Burrito Kachimba.
Parallelamente, a Siviglia, con la mente del produttore Ricardo Pachón alla base, si stava già creando il sottogenere noto come rock progressivo andalusoo semplicemente rock andaluso, rappresentato negli anni ’70 da gruppi come Triana, Pata Negra, Veneno o Smash, che facevano suonare le chitarre elettriche senza però dissolvere l’identità flamenca e andalusa.
Come tablao barcellonese, non possiamo non parlare della rivoluzione musicale che è stata la rumba catalana. Secondo gli studiosi del flamenco, si tratta di una derivazione di tango e tanguillo fortemente influenzata dai ritmi cubani, sviluppata dalla comunità andalusa e gitana negli anni ’50 nei quartieri di Gracia, Hostafrancs e Raval. Il successo arrivò con i considerati “padri della rumba”: Peret e Antonio González “El Pescaílla”, marito e chitarrista di Lola Flores. Le sinfonie fresche e festose proprie di questo genere convinsero il grande pubblico, mentre figure come il cantautore Bambino lo resero ancora più popolare, integrando in questo genere catalano canzoni tipiche del folklore spagnolo e latino-americano, come si può ascoltare in “Procuro olvidarte”, “Adoro” o “Corazón loco”.. Per quanto riguarda i gruppi di rumba del XXI secolo, il maggiore esponente è stato e resta il duo catalano, Estopa.
Il flamenco nel XXI secolo: più vivo che mai
Tornando ai nostri giorni, dopo “El Mal Querer”, un altro album recente che ha battuto vari record e ha fatto il giro dell’America Latina è “El Madrileño”di C. Tangana, pubblicato nel 2022. Anche se non è catalogabile come puro stile flamenco, si tratta di un lavoro fortemente influenzato dallo stesso, sia musicalmente che esteticamente. Il tutto si nota nei ‘jaleos’, nelle ‘palmas’ (il suono prodotto dalle mani che battono e accompagnano il tempo), in testi specifici o nell’inclusione di voci come quella di Niño de Elche un’altra proposta artistica del XXI secolo che cerca di trovare il giusto punto di incontro tra tradizione e innovazione.
Un’altra giovane artista che sta portando il genere verso nuovi orizzonti è Rocío Márquez. Nata a Huelva e formatasi nella pura tradizione flamenca, ha vinto il prestigioso premio Lámpara Minera al festival di Cante de las Minas e ha pubblicato nel 2022 l’album “Tercer Cielo”. In collaborazione con il musicista Bronquio, un “attivista del ritmo”, come lo definisce la rivista Mondo Sonoro, ha creato una congiunzione tra gli stili di flamenco più comuni e quelli più dimenticati (come la debla, il garrotín, la toná o il pregón), trovando il mix ideale tra i suoni e le atmosfere musicali del XXI secolo e il tono di voce di Rocío.
Dando un’occhiata ai cartelloni dei principali festival in Spagna possiamo notare che il flamenco è oggi più vivo che mai. Tra gli artisti più in voga oggi c’è il duo granadino La Plazuela, che riempie concerti con suoni, testi e melodie chiaramente ispirati al flamenco. O Israel Fernández, una delle voci gitane giovani più apprezzate oggi, che continua a dimostrare quanto moderno possa essere lo stile flamenco. Allo stesso modo, continuano a emergere nuovi artisti che, provenienti da altri generi musicali, hanno il flamenco nel sangue, come Califato ¾, María José Llergo, Las Mestizas, Queralt Lahoz o Los Voluble.
L’offerta attuale è molto ampia: oltre ai gruppi che sono a metà tra tradizione e avanguardia, l’appassionato del flamenco classico può godere delle esibizioni più classiche in ‘tablaos’, ‘peñas’ e festival praticamente in tutto il territorio spagnolo, dove artisti giovani e meno giovani continuano a rispettare le radici e la tradizione di questo genere musicale. Questa realtà flamenca si vive ogni sera al Tablao de Carmen, e vi invitiamo a venire a conoscerla da vicino.